Dal 18 maggio si riapre tutto, ma ci saranno le condizioni di sicurezza?
di Annamaria Schiano
“Liberi tutti” da lunedì 18 maggio 2020. I numerosi appelli dei presidenti di Regione, partite iva, imprenditori e commercianti, in particolare di Confindustria, hanno “costretto” il Governo a cedere sui tempi della rimessa in moto dell’economia. A nulla sono serviti i moniti della comunità scientifica che avverte: se non si tengono le misure di sicurezza c’è il serio rischio che il virus torni all’attacco e più forte di prima. Diffusamente, però, si è fatto spallucce. “Fateci aprire subito nella massima sicurezza” il mantra degli esercenti, anche qua sul Lago di Garda, pure con manifestazioni nelle piazze neppure in regola. Da lì è ripartito il Governo nel demandare alle Regioni la decisione di aprire a scaglioni i vari comparti, o meno. Facoltativo. E come era prevedibile: si riapre tutto, senza ancora avere gli esiti della “parziale” riapertura del 4 maggio. Una settimana in più di prudenza non è neanche presa in considerazione. Ora arrivano le regole per le riaperture. Ed ecco che al mantra “fateci riaprire subito nella massima sicurezza” scatta di nuovo la ribellione generale sulle distanze indicate dagli istituti di Sanità e dall’Inail. “Inaccettabili i 4 metri quadrati tra un tavolo e l’altro”; “Inaccettabili i 5 metri tra un ombrellone e l’altro” e via di questo passo. Facciamo quattro calcoli: 4 metri quadrati corrispondono a un quadrato di 2 metri, vale a dire un metro dal centro del tavolo a cui è seduta una persona e un metro alle spalle. Verrebbe da dire la misura minima per chi sta mangiando, parlando e magari tossendo dopo un sorso d’acqua. Inaccettabile. Secondo esempio: sotto un ombrellone, di solito, ci sta una famiglia o una coppia, che a seconda di dove cade l’ombra, sposta nel raggio dell’ombrellone il lettino prendisole. Anche in questo caso sollevazione degli stabilimenti balneari, gli stessi stabilimenti che di solito occupano aree demaniali pagando concessioni decennali ad una “pippa di tabacco”.
Altro giro di riflessioni: in questi giorni sono tantissimi i commercianti o i pubblici esercizi che stanno sanificando i locali in vista della riapertura. Ebbene, siamo sicuri che stiano operando con rigore? Io stessa ho visto sul lungolago di Lazise esercenti fuori dai bar e dai plateatici concedersi momenti di riposo in capannelli di più persone, senza nessuna distanza tra loro e con le mascherine abbassate. Al segnale lanciato con la mano di alzarsi la mascherina, in risposta sono scattate le parolacce. Il primo pensiero è stato: ma questi se ripuliscono i locali in questo modo, più che sanificarli li stanno contaminando. Ecco, chi, poi, andrà a sedersi ai tavoli di quei plateatici, (senza sapere cosa può accadere nelle cucine dei retrobottega), sarà sicuro che tutto sia sanificato?
Questi sono solo alcuni piccoli esempi, ma si potrebbe andare avanti ancora a lungo.
E’ chiara la difficoltà economica, che, sottolineiamo, riguarda tutti, non solo la minoranza di titolari di attività commerciali o turistiche. Ma quale è la linea guida di questa delicata e forse ancor più difficile fase della battaglia alla pandemia? Cosa mettiamo al primo posto: il denaro o la salute? Sembra scontata la risposta. Ma se i governatori che applicano, o sfidano le leggi dello Stato – nel nostro caso in Veneto, Luca Zaia – si piegano alle pressioni di ogni singolo settore economico, poi, sarà congruo far rispondere a loro dei danni che ne potranno derivare. Anche se, purtroppo, saranno sempre i cittadini a dover pagare.
Resta un problema: chi vorrà continuare a vivere in sicurezza fino a quando il virus non sarà definitivamente sconfitto, come potrà farlo senza esporsi? La risposta di tanti sui social è: “Tu resta a casa che io ne ho le p… piene e fuori faccio quel che mi pare”. Infatti, basta farsi un giro a piedi sui lungolago e si può fare subito una conta: due terzi delle persone tengono mascherine e distanze, un altro terzo se ne frega. Ma così non vale: il gioco è fatto che basta una persona asintomatica a scatenare un focolaio. E quindi il comportamento individuale è determinante su quello collettivo. Si può pensare di lasciare al “buon senso” delle singole persone, (o alla protesta di bottega), il futuro di un’intera economia nazionale, o mondiale che sia, e la salute di milioni di persone?
Infine, si chiede di ritornare alla gestione “di prima” di tutte le attività economiche, anche “riducendo le distanze”, come ha annunciato Zaia, ma che vantaggio può avere tutto ciò? Comunque, per ora, non ci sarà l’assalto di gente a ristoranti, mercati, viaggi turistici, ecc, ecc… Primo perché non c’è ancora la libera circolazione mondiale; secondo, perché la gente non ha la stessa disponibilità economica di prima.
Io credo proprio che sarà la gente stessa a “boicottare” tutti quei locali in cui avranno la percezione di non sentirsi in sicurezza.