Malcesine: ecco le motivazioni della condanna per il chiosco abusivo sul lungolago. Pesanti le accuse a carico di Parolari ma il sindaco prende tempo sulla revoca del geometra
di Annamaria Schiano
Il Tribunale di Verona il 16 settembre, ha depositato le motivazioni della sentenza emessa il 20 giugno scorso, con la quale ha condannato in primo grado l’intera giunta della passata amministrazione comunale, tra cui gli ex sindaci Valente Chincarini e Giuseppe Lomnbardi, (quest’ultimo l’unico presente nell’attuale consiglio comunale come consigliere di minoranza, ndr) per aver avvallato con delibere municipali la costruzione del chiosco abusivo “Pedro II” su uno dei lungolago più belli del Garda.
Condanne ad un anno e corrispettivo periodo di interdizione dai pubblici uffici. Ma la condanna più pesante è arrivata per il responsabile dell’ufficio tecnico Stefano Parolari.
Ed è proprio su di lui che si concentrano le motivazioni della sentenza, e sui proprietari del chiosco costruito: Pietro Testa, “che con il figlio Rocco (assessore al momento dei fatti) sono stati entrambi amministratori del Comune negli anni in cui si è sviluppata la vicenda…”. Ed ecco in breve la vicenda come è stata ricostruita dai giudici. Il geometra Parolari, il 21 ottobre 2009, rilascia il permesso a costruire a favore di Pietro Testa per la realizzazione di un chiosco sul lungolago di Malcesine. Il giorno prima, la giunta comunale emetteva una seconda delibera, con cui autorizzava l’iter, ma già nel marzo del 2009, era inserito nella prima delibera il passaggio che ricordava come Testa nel 1995 avesse presentato un’osservazione al piano regolatore in merito alla volumetria del chiosco da costruire. Solo che al momento dell’approvazione del prg in Regione, nel 1998, l’osservazione è stata respinta con la motivazione: “Non è ammissibile la concessione di una costruzione in riva al lago in zona di rispetto in zona di rispetto stradale, fluviale e di impianti di risalita”. Ma facciamo un passo indietro: il terreno di circa 4mila mq fu acquistato da altri proprietari nel 1976, che nel 2003 chiesero la concessione edilizia al Comune per la costruzione di un annesso rustico. Pochi giorni dopo, Parolari rigettò la richiesta motivando la zona di rispetto e di inedificabilità. Quindi i vecchi proprietari si decisero a vendere il terreno al Comune, chiedendo 380 mila euro, ma una volta raggiunto l’accordo il Comune si defilò e il contratto venne concluso da Pietro Testa. Nell’atto di compravendita notarile del 20 ottobre 2006 viene allegato il certificato urbanistico sottoscritto da Parolari che riporta la dicitura: “Zona dove non sono consentite nuove costruzioni”. Vi è anche la convenzione stipulata il 17 dicembre 2009 sempre da Parolari a nome del Comune con Testa, con cui assicura fino al 31 dicembre 2017 un affitto di 15.322 euro l’anno per l’uso del chiosco comunale in gestione sempre dalla famiglia Testa, posizionato 10 metri dietro al terreno dove verrà poi costruito il nuovo bar di proprietà privata, demolendo quello dietro su terreno comunale.
I giudici nella sentenza, quindi, arrivano alla conclusione che “Emerge in modo lampante che Parolari era perfettamente a conoscenza dell’impossibilità ad edificare nel luogo ove Testa aveva chiesto il permesso, avendo allegato il diniego della Regione nell’atto notarile… la versione fornita dal geometra comunale, che si sarebbe trattato di un errore originato dal ritenere che l’osservazione alla variante fosse stata accolta, cozza con i provvedimenti amministrativi presenti nel contratto di compravendita…” Motivazioni nella sentenza che sottolineano anche: “Significativo che per ben due volte siano state varate delibere, l’ultima il giorno prima del rilascio del permesso a costruire, entrambe varate ad avvallare l’illecito di Parolari, che in tal modo pensa di esimersi dalle sue responsabilità”. I giudici, quindi, stabiliscono che il geometra comunale sapeva perfettamente che non poteva rilasciare il permesso a costruire, così, oltre ad aver ordinato l’abbattimento del chiosco “Pedro II”, hanno anche assegnato un indennizzo di 5mila euro -“per il danno ambientale e paesaggistico prodotto”- a Legambiente, che si era costituita parte civile. Soddisfatto il presidente Lorenzo Albi: “E’ una sentenza assolutamente rilevante e che pone in luce la complicità tra la pubblica amministrazione e il privato che persegue i propri interessi”.
Ma ora si apre il capitolo delle incompatibilità di carica sia di Giuseppe Lombardi, che secondo la legge Severino il prefetto dovrebbe sospenderlo dall’incarico di consigliere comunale per un anno, (la durata della condanna), e soprattutto del geometra Parolari. Anche lui secondo il decreto legislativo 39 del 2013, dovrebbe lasciare l’incarico (art 2 e 3: “inconferibilità di incarichi nella pubblica amministrazione a coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato”). Ruolo di “responsabile dell’area territorio del Comune”, che però il sindaco Michele Benamati gli ha prorogato giusto il 15 luglio scorso: “fino al deposito da parte del tribunale di Verona delle motivazioni della sentenza…” recita il decreto del sindaco. Le motivazioni sono state depositate il 16 settembre, quindi, dovrebbe essere quella la data di conclusione della proroga dell’incarico. Ma Legambiente Malcesine solleva anche la questione che : “Ci sono pratiche, firmate da Parolari, e permessi di costruire in data 18, 19, e 20 settembre. Secondo noi –sottolinea con una nota- tutte queste determinazioni sono nulle e non possono produrre effetto, in quanto firmate da un dirigente che non era più dirigente per mancanza di legittimazione, dal giorno 17 settembre. Chiediamo, quindi, cosa intende fare il Sindaco e se ha intenzione di provvedere ad annullare queste pratiche, alcune rilevanti relative ad assegnazione di incarichi professionali di notevole importo e quando provvederà a nominare il nuovo dirigente”.
Il sindaco Benamati, per il momento, non dà risposte definitive, dice: “Ho chiesto al tribunale l’atto ufficiale della sentenza con le motivazioni che non mi è ancora arrivato, quindi se ci saranno problemi per questi 3-4 giorni successivi al 16 settembre faremo un ulteriore proroga all’incarico, in modo da coprire i provvedimenti di questo breve periodo, in fondo, non mi pare caschi il mondo. Non ci aspettavamo arrivassero così presto le motivazioni, pensavamo a metà novembre sulla base del calcolo dei 90 giorni per il deposito, a cui aggiungere i 40-45 giorni di ferie dei giudici, invece, evidentemente le cose sono andate avanti senza la pausa delle vacanze”. Ci gira intorno il sindaco, ma alla domanda precisa: Preso atto che il provvedimento del tribunale è datato 16 settembre, anche che lo riceviate fra qualche giorno, poi cosa intendete fare con l’incarico a Parolari? “Non è una decisione che posso prendere io, devo confrontarmi con la giunta, ci sono molte cose in atto, non è così facile, quindi lunedì, quando faremo riunione di giunta, decideremo come agire, per il momento non mi sento di dire nulla di più”, conclude Benamati.